martedì 31 gennaio 2012

Cioccocannella: lievitare con lentezza

Oggi è il giorno del dolce al cioccolato.

Ingredienti
100 g di pasta madre rinfrescata
120 cc di latte di capra
25 g di cacao amaro in polvere
40 cc di olio extravergine di oliva
1 uovo
2 cucchiai di miele
80 g di zucchero
250 g di farina tipo 00
1 pizzico di sale
20 g di cioccolato fondente
cannella q.b.
zucchero a velo per spolverare


Ricetta
Per prima cosa sciogliere i 100 g di pasta madre nei 120 cc di latte tiepido aggiungendo i 2 cucchiai di miele. Aggiungere gli 80 g di zucchero e l'uovo. Lasciare miscelare per 5 minuti. Aggiungere i 40 cc di olio, i 25 g di cacao amaro in polvere, mescolare bene e aggiungere i 250 g di farina. Poco dopo aggiungere i 20 g di cioccolato fondente ridotto a scaglie, cannella a piacere, io un po' esagero, e il pizzico di sale. Proseguire con la miscelazione per 10 minuti. 
Lasciare lievitare 12 ore nel forno spento coperto da un panno.
Cuocere nel forno preriscaldato a 160°C per 1 ora.
 il cioccocannella sta per essere mangiato


La spiega
La curiosità di questa ricetta risiede nei lunghi tempi di lievitazione. Non ci si spaventi se dopo 6 ore l'impasto appare ancora non lievitato. Bisogna infatti attendere circa 12 ore prima che la pasta madre fermenti adeguatamente per gonfiare l'impasto. Questo è dovuto in parte alla temperatura e in parte alla presenza di molteplici ingredienti che inibiscono la fermentazione dei lieviti. Il problema può insorgere con la farina. La farina di tipo 00 non supporta a dovere la lievitazione lunga ma la pasta madre è rinfrescata con farina manitoba, più forte della 00.
La lievitazione lunga, d'altra parte, porta con sé alcuni risvolti positivi: aumenta la digeribilità dell'impasto, la conservabilità e le proprietà organolettiche dello stesso.
Saluti



domenica 29 gennaio 2012

la pizza d'inverno

Per celebrare l'arrivo della neve, ecco il grande classico della cucina alpina invernale: la pizza.
Questa versione, però, è riveduta e corretta utilizzando la pasta madre e la farina integrale. Il fine è, teoricamente, quello di ottenere un impasto più digeribile e qualitativamente più ricco di minerali.
Chissà...

Ingredienti (per tre pizze)
100 g di pasta madre rinfrescata
300 g di farina integrale
150 cc di acqua
1 cucchiaino di miele
1 cucchiaio di olio extra vergine di oliva
1 cucchiaino di sale

Ricetta
La prima cosa da fare è rinfrescare 40 g pasta madre. Ne otterremo 100 g che faremo riposare coperti nel forno spento per almeno 3 ore.
Ora aggiungere i 300 g di farina integrale, il miele e l'olio extravergine di oliva.
Iniziare a impastare ed infine aggiugere il sale. Proseguire impastando per 5 minuti.
Coprire l'impasto e metterlo a lievitare nel forno spento per almeno 5 ore. Trascorso questo tempo fare 3 palline con l'impasto e farle lievitare per un'altra ora.
Stendere e palline e farcirle a piacimento

stendere la pasta con l'ausilio di un mattarello
A questo punto accendere il forno e portarlo a 250°C. Infornare per 10 minuti circa.
 
il risultato finale
La spiega
La pizza con la farina integrale e la pasta madre è risultata più digeribile. La cottura nel forno elettrico risente della temperatura, in quanto arriva al massimo a 250°C, mentre nei forni a legna o nei forni professionali si arriva quasi a 500°C.
Il disciplinare per la pizza napoletana prevede una cottura a 485°C nel forno a legna per 90 secondi. Il testo completo del disciplinare lo si può trovare qui.
Saluti

venerdì 27 gennaio 2012

in questo dolce mettici di tutto, ma non le prugne

Eccomi finalmente alle prese con un grande classico della cucina italiana: il dolce di plum, ma senza plum.
Il plumcake è un dolce di origine tedesca, ma viene chiamato come lo chiamano gli inglesi. Originariamente in Germania aveva una consistenza simile a quello della crostata, ed era ripieno, appunto, di prugne. Ora la sua consistenza è simile a quella del pan di spagna e di prugne non ve n'è traccia.

Ingredienti
200 g di pasta madre rinfrescata
240 cc di latte di capra
20 g di burro
80 cc di olio extravergine di oliva
3 uova
4 cucchiai di miele
150 g di zucchero
500 g di farina tipo 00
1 cucchiaino di sale
70 g di canditi

Ricetta
Sciogliere 200 g di pasta madre rinfrescata da almeno 3 ore nei 240 cc di latte di capra tiepido e i 4 cucchiai di miele. Quando è ben sciolta aggiungere i 150 g di zucchero e le 3 uova. Mescolare 5 minuti e aggiungere i 20 g di burro fuso e i 80 cc di olio. Ora aggiungere poco alla volta i 500 g di farina tipo 00. Miscelare 5 minuti e aggiungere i canditi e infine il sale.
Lasciar lievitare 6-8 ore, nel forno spento coperto da un canovaccio pulito, finché l'impasto triplica il volume.
Cuocere a 180°C per 1 ora.
Ho utilizzato gli appositi programmi della macchina del pane sia per la miscelazione che per la cottura.
una sezione del dolce di prugne finito
Il risultato è sofficissimo e ricorda un po'  il pandoro come consistenza.

La spiega e altre info
La lievitazione è stata poderosa, l'impasto è addirittura uscito dal contenitore dove stava riposando. Ho provveduto ad abbassare da 250 a 200 g la quantità di pasta madre che si è dimostrata in grande forma.
Saluti

giovedì 26 gennaio 2012

breaking bread: wild wild yeast

Il saccharomyces ceresivia non è l'unico agente lievitante utilizzabile nella panificazione anche se è il più diffuso.
Il lievito più antico, il più utilizzato nella tradizione e come si sarà notato dalle ricette, quello che utilizzo io, è il lievito naturale.
Il lievito naturale si può preparare autonomamente, ci sono anche appositi preparati in commercio o si può ricevere da qualcuno che già ne è in possesso, come nel mio caso.
Esistono lieviti naturali centenari.
Il lievito naturale chiamato anche pasta madre, lievito madre, pasta acida, crescente o lievito acido è un impasto di acqua e farina acidificato da lieviti e batteri lattici che fermentano. A inizio secolo negli USA il lievito madre veniva chiamato lievito selvaggio (wild yeast).
Si nota subito la prima grossa differenza: nel lievito madre sono presenti una varietà di batteri che permettono una maggiore digeribilità e conservabilità del prodotto.
Per preparare il lievito naturale si parte da un impasto spontaneo formato da farina, acqua lasciato acidificare a cui viene aggiunto frutta o yogurt o miele per accelerare la fermentazione.
Nell'ambiente cosi creato si ha lo sviluppo di numerose colonie di varie specie microbiche, alcune anche patogene, ma con l'acidificazione dell'impasto e la progressiva diminuzione di ossigeno e di zucchero disponibili si attua una selezione naturale per cui eventuali agenti patogeni vengono soppressi.
La preparazione deve seguire dei tempi ben precisi e deve avvenire in range di temperatura prefissati, pena la non riuscita del lievito madre. Non mi dilungherò sulla preparazione in quanto in rete si trovano notizie abbondanti a riguardo.
Una volta ottenuto il lievito naturale per mantenerlo in vita andrà rinfrescato. Il rinfresco è un reimpasto di un quantitativo di lievito madre con lo stesso quantitativo di farina e la metà della quantità di acqua.
Va effettuato a seconda della temperatura di conservazione. Se mantenuto in frigorifero, come nel mio caso, si può effettuare un rinfresco ogni 4-5 giorni. A temperatura ambiente andrebbe rinfrescato quotidianamente. Il mancato rinfresco porta a una degradazione del lievito madre, facilmente riscontrabile dalla variazione delle proprietà organolettiche e del colore del lievito stesso.
Le proprietà positive del lievito naturale, anche paragonate al lievito di birra, sono molteplici:

  • maggiore digeribilità dovuta alla presenza di batteri lattici che effettuano la proteolisi delle proteine;
  • lavorabilità dell'impasto;
  • aroma e sapore decisamente migliore e particolare, dovuto alle numerose sostanze rilasciate in fase di fermentazione
  • maggiore disponibilità di minerali presenti nelle farine integrali. Questo perchè sono presenti le fitasi batteriche che permettono la rottura dell'acido fitico presente nella crusca delle farine integrali e che inibisce l'assorbimento di minerali. L'acido fitico è metabolizzato solo dai ruminanti, ma grazie ai batteri presenti nel lievito madre risultano metabolizzabili anche all'uomo;
  • il pane prodotto con lievito madre si conserva per più tempo.
per contro abbiamo dei tempi di lievitazione molto più lunghi e una lavorazione che richiede più attenzione e risulta più complessa.
Saluti

breaking bread: il lievito, di birra o di barbabietola?

Di lieviti ne esistono più di mille specie. Alcuni possono causare infezioni, altri dermatiti, altri ancora otiti ma esistono alcune specie che sono state adattate per la produzione di birra, vino e pane.
Tra questi il più importante è sicuramente il saccharomyces ceresiviae, un lievito grande circa 10 micrometri che viene utilizzato da secoli per la produzione di pane e di birra e condivide con l'uomo il 23% del suo genoma interamente sequenziato. Ah, tra i suoi impieghi è certamente da sottolineare l'utilizzo nella nota pomata preparazione h. 
Ma come funziona il saccharomyces ceresiviae? 
Fondamentalmente ha due modi di funzionamento, discriminati dal fatto che sia presente o meno ossigeno. 
In presenza di ossigeno il saccharomyces respira, ovvero utilizza l'ossigeno per metabolizzare il glucosio e produrre anidride carbonica, acqua ed energia, sotto forma di molecole di adenosintrifosfato. 


la respirazione in sintesi:
C6H12O6 (glucosio) + 6O2 (molecole di ossigeno) → 6CO2 (anidride carbonica) + 6H2O (acqua) + 36/38 molecole di ATP (adenosintrifosfato, molecola fonte di energia)


Nel caso invece il lievito si trovi in un ambiente privo di ossigeno invece della respirazione avviene la fermentazione. Nel nostro caso, ovvero quello di un impasto in cui c'è della farina la fermentazione sarà di tipo alcolico, ovvero dal glucosio, vengono prodotti anidride carbonica ed etanolo (alcool etilico). Il glucosio lo trova, nel caso il lievito si trovi in un impasto per fare il pane, nella farina. La farina infatti contiene amido, l'amido è composto da due polimeri: l'amilosio e l'amilopectina; l'amilosio è composto da una catena di  glucosio avvolto ad elica. Grazie ad alcuni enzimi il saccharomyces rompe i legami della catena e può utilizzare il glucosio. Le molecole di anidride carbonica e etanolo vanno a formare le caratteristiche bolle durante la fase di lievitazione e di cottura.


la fermentazione in sintesi:
C6H12O6 (glucosio) → 2C2H5OH (etanolo) + 2CO2 (anidride carbonica)


Una curiosità: anche se viene chiamato lievito di birra, la produzione del saccharomyces ceresiviae viene fatta partendo dalla barbabietola.
Saluti

lunedì 23 gennaio 2012

cylon raider brioche

La ricetta di oggi permette finalmente (?) di fare brioche a forma di cylon raider di battlestar galactica.
Anche queste brioches vanno bene sia come dolce, anche con aggiunta di marmellate, o come salato, diminuendo la quantità di zucchero a 75g  accompagnate con ricotta e salumi.

Ingredienti
250 g pasta madre rinfrescata
140 g di farina di segale
410 g di farina di tipo 0
60 g di olio extravergine di oliva
200 cc di latte
150 g di zucchero
2 uova
1 pizzico di sale

Ricetta (senza spiega)
La sera prima rinfrescare 100 g di pasta madre, aggiungendo 100 g di farina e 50 cc di acqua tiepida.
La mattina sciogliere i 250 g di pasta madre ottenuti dal rinfresco in 200 cc di latte tiepido.
Aggiungere lo zucchero.
Miscelare fino a impasto omogeneo.
Aggiungere la farina.
Miscelare cinque minuti poi aggiungere l'olio, le uova e, alla fine, un pizzico di sale.
Far lievitare almeno tre ore l'impasto coperto da un panno umido e/o dalla pellicola in un luogo al riparo da correnti d'aria e dal freddo.
Una volta che l'impasto ha raddoppiato il volume, dividerlo in tre pagnotte.
Ogni pagnotta va stesa con l'aiuto del mattarello fino a una forma rotonda. L'operazione è resa difficile dall'appiccicosità dell'impasto. Infarinare senza paura.
Ora dividere in 8 ognuno dei tre impasti. Arrotolare i triangoli così ottenuti partendo dalla base e curvare leggermente le punte ottenute.
Si otterrà una schiera di cylon raiders:

ecco le cylon raider brioches in formazione
Ora si possono cuocere o congelare. Se si vogliono congelare metterle subito nel freezer, prima stese e distanti per evitare che si uniscano, poi una volta congelate si possono mettere in un sacchetto tutte insieme.
Prima di consumarle vanno fatte scongelare e poi lievitare prima di cuocerle.
Se si vogliono cuocere bisogna prima farle lievitare altre tre ore quindi scaldare il forno a 200°C e inserire le cylon raider brioches per almeno 15 minuti.
Pronte.

La spiega e l'angolo della curiosità
La caratteristica di queste brioches è l'utilizzo della farina di segale.
Nel nord Europa l'utilizzo della segale è molto diffuso, molto più del frumento grazie alla resistenza al freddo. 
La farina di segale produce poco glutine ed è ricca di pentosani, quindi la lievitazione sarà inferiore ad una farina di grano tipo '0' o '00'. Bisognerà quindi allungare i tempi di lievitazione.
In alcune zone della Russia per ovviare al problema della lievitazione si trova una pasta madre i cui lieviti agiscono molto bene solo con la farina di segale.
In passato ci sono stati problemi con un fungo (chiamato comunemente ergot) che attacca la segale, producendo degli alcaloidi. La pianta attaccata è detta 'segale cornuta'. Gli alcaloidi che si formano sono tossici per l'uomo e sopravvivono al processo di panificazione.
Tra gli alcaloidi c'è l'acido lisergico di cui il chimico svizzero Hoffman scoprì le proprietà allucinogene, ma questa è un'altra storia.
Tornando al fungo, il consumo di segale cornuta causa l'ergotismo o fuoco di sant'Antonio, e porta anche ad avere allucinazioni. Per questo motivo a fine del seicento nella zona di Salem, negli USA, si correlò la caccia alle streghe con il consumo di segale cornuta.
Saluti

venerdì 13 gennaio 2012

breaking bread: cariosside & barbetta

I post con titolo breaking bread saranno post teorici.
L'ingrediente principale dei prodotti da forno e del pane è la farina. La farina si ottiene dalla macinazione dei cereali. I cereali  appartengono alla famiglia delle graminacee (etcì); i più coltivati sono il frumento, il mais, il riso, l'orzo, l'avena, il miglio e la segale. Il più utilizzato in Italia è il frumento, di cui esistono due tipi principali: frumento tenero, utilizzato principalmente per pane e dolci, e frumento duro, impiegato per la produzione di paste ed alcuni tipi di pane.
Ogni spiga di grano contiene numerosi chicchi: le cariossidi, che hanno una struttura abbastanza complessa. Le parti principali sono: la crusca, l'endosperma e l'embrione, in cima c'è un ciuffo di peli chiamato barbetta. La crusca è costituita da involucri, la cui funzione è quella di proteggere il seme ma anche di trattenere i liquidi e dallo strato aleuronico, che protegge l'endosperma ed è ricco di sostanze minerali. La crusca viene tolta dalla farina in quanto essendo costituita principalmente da cellulosa, non viene digerita dall'organismo umano,risultando inutile dal punto di vista nutrizionale.
L'embrione contiene tutti gli elementi per poter crescere in autonomia ed è ricco di sali minerali, proteine e grassi. Viene scartato durante la macinazione in quanto i grassi ostacolano la conservazione della farina.
L'endosperma raggiunge l'87% del peso della cariosside. E' l'unica che contiene l'amido e quasi l'unica a rimanere nella farina raffinata dopo la macinazione.
Dalla macinazione del frumento si ottengono:
  • farina 75-78%
  • farinetta 2,5-3%
  • crusca 20-22%
  • scarti di pulitura 0,2-2%
Nella composizione chimica della farina prevale l'amido, sono presenti poche proteine e vi sono tracce di zuccheri, grassi, sali minerali la cui quantità dipende dalla categoria della farina. 
La classificazione in categorie delle farine in Italia dipende dalla resa di macinazione. 
La resa di macinazione o grado di abburratamento, è la quantità di farina ottenuta dalla macinazione di 100kg di grano. Più è alto il grado tanto meno è raffinata la farina. A seconda del tasso di abburratamento distinguiamo quindi le farine in:
  • farina di categoria 00
  • farina di categoria 0
  • farina di categoria 1
  • farina di categoria 2
  • farina integrale
La differenza tra le categorie consiste nella quantità di crusca (e quindi di sali minerali e altri nutrienti contenuti negli involucri) rimasta nella farina dopo la sua macinazione. La farina 00 è la più raffinata in quanto contiene una quantità minima di involucri; la quantità risulterà massima nella farina integrale.
Le caratteristiche tecnologiche della farina determinano il suo comportamento nei processi di panificazione, sono quindi quelle da cui dipende la qualità dell'impasto  e del prodotto finito. Tra queste caratteristiche, quelle che hanno una rilevanza maggiore sono la forza della farina e il complesso proteico.
La forza della farina, di cui accennai qualcosa nel primo post, è la capacità di assorbire l'acqua durante l'impasto e di mantenere l'anidride carbonica durante la lievitazione. 
Una farina è forte quando per produrre un impasto di consistenza morbida assorbe un'elevata percentuale d'acqua. Gli impasti preparati con queste farine sono generalmente in grado di sopportare lunghe lievitazioni e danno prodotti voluminosi. 
Una farina è debole quando assorbe poca acqua durante l'impasto. Generalmente possono dare problemi durante la lievitazione e la formatura. Non ha la capacità di trattenere l'anidride carbonica, quindi le forme tendono a stendersi, appiattendosi. Quindi tenendo conto della forza della farina, si possono definire:
  • quantà acqua utilizzare per l'impasto
  • il tempo necessario
  • le caratteristiche dell'impasto
  • il volume, la forma e le caratteristiche del prodotto finito
La forza della farina dipende dalla quantità e dalla qualità del glutine. Il glutine è formato dalle proteine della farina insolubili in acqua e in soluzioni saline. 
La struttura chimica delle proteine e dei loro legami vanno ad influenzare notevolmente la forza della farine. Fanno parte del complesso proteico la struttura delle proteine, gli enzimi proteici, gli attivatori e gli inibitori della proteasi. La presenza di particolari gruppi nella struttura delle proteine come i gruppi disolfurici (-S-S-) aumenta la forza del glutine per la formazione di ponti disolfurici tra le molecole stesse. Viceversa la presenza di gruppi tiolitici (-S-H-) formano una maglia glutinica più debole in quanto più facilmente attaccabili dalle proteasi. Gli enzimi proteasi infatti scindono gli aminoacidi che formano le proteine in composti più corti, i peptidi. 
Saluti